L’Olimpia scappa nel primo tempo e poi resiste alla rimonta di Venezia grazie alla difesa

L’Olimpia Milano è la prima finalista ai danni di Venezia grazie al dominio nel primo tempo.

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E’ l’AX Armani Exchange Milano la prima finalista della Eurosport Supercoppa 2020. 76-67 per gli uomini di Ettore Messina ai danni dei Campioni d’Italia in carica della Umana Reyer Venezia.

Milano è l’unica squadra in campo in un primo tempo dominato grazie alla consueta difesa asfissiante e al controllo dei tabelloni (22-15 a rimbalzo al 20′). Venezia è squadra che non lascia mai nulla d’intentato e allora, dopo il 42-23 dell’intervallo, allunga la difesa, alza la pressione e riapre tutto.

Nel quarto periodo arriva fino al -6, ma Milano chiude nuovamente le porte dietro e trova un parziale di 5-0 firmato Delaney-Datome per scongiurare l’ultimo assalto orogranata.

Andiamo ad analizzare il 76-67 finale con i nostri consueti 5 punti:

Quelle premesse fondamentali che erano (sono state) condanna per Venezia

Osservando i numeri delle squadre dopo la fase a gironi, subito si era capito che le palle perse di Venezia e la percentuale da tre punti di Milano sarebbero state le chiavi principali. Se entrambi i dati fossero risultati alti, allora difficilmente avrebbe potuto esserci partita in questo momento. Così è stato nei primi 20 minuti.

Milano continua a impressionare per la sua organizzazione difensiva, in grado di togliere vantaggi all’attacco nonostante non abbondino le eccellenze individuali. I ragazzi di Walter De Raffaele si trovano così senza rifornimenti e con Mitchell Watt unico punto di riferimento vicino a canestro. Al termine, il suo tabellino avrà 19 punti, 6 rimbalzi, 2 stoppate, 7 falli subiti e 26 di valutazione.

Ovvero laddove si sapeva che Venezia avrebbe potuto colpire maggiormente la difesa milanese. Il resto, però, latita e il conto delle palle perse sale già in doppia cifra all’intervallo lungo (18 al 40′). Situazione ancora più aggravata dallo 0/9 dall’arco, a rendere prevedibile la geografia dell’attacco lagunare, spesso costretto all’iniziativa in emergenza negli ultimi secondi del possesso.

Milano incassa e cerca punti facili in contropiede, specie con Sergio Rodriguez sul parquet (secondo tempo confusionario il suo però). Prima ancora, il tandem Malcolm Delaney-Kevin Punter a colpire ripetutamente dal perimetro (5/12 milanese nel primo tempo). Ne parliamo nel prossimo punto.

La premiata ditta Delaney-Punter colpisce ancora, ma a corrente alternata

E’ stata l’arma impropria primaria di Milano fin dagli esordi, con l’ex Virtus Bologna top scorer nella manifestazione con 16 punti di media. In alcuni casi hanno viaggiato a corrente alternata e la semifinale non ha rappresentato un’eccezione.

Il playmaker ex Barcellona ha messo insieme una prova da MVP da 19 punti, 4 rimbalzi, 6 assist e 4 recuperi. Qualità sui due lati del campo. La qualità collettiva del sistema difensivo di Milano aiuta a nascondere le lacune individuali e a esaltarne le doti. Il resto, però, lo deve mettere il giocatore e contro una squadra fisica e dai meccanismi oliati come Venezia non è necessariamente scontato.

Serata più faticosa per Kevin Punter, specialmente in una ripresa in cui, quasi sempre, si è ritrovato almeno un corpo tra lui e il canestro. Il pressing, i raddoppi, insomma la staffetta difensiva organizzata da Walter De Raffaele ha sortito i suoi effetti.

Per il numero 0 saranno comunque 15 punti alla sirena, ma con un 4/14 dal campo. Il suo inizio di stagione è stato di altissimo livello ed è innegabile che sia andato oltre ogni aspettativa. Che il secondo tempo della partita di questa sera abbia rappresentato un antipasto di ciò con cui dovrà confrontarsi in Eurolega? Fermo restando che un po’ tutta Milano si è fermata dal terzo quarto in avanti offensivamente.

La sua capacità di reagire al cospetto di tali difese sarà uno degli snodi della stagione milanese in ambito continentale.

De Nicolao-Casarin-Tonut: il made in Italy sulla reazione veneziana

Non ci si è dimenticati, negli anni, di ricordare il contributo fondamentale degli italiani nei successi recenti della Reyer. Non lo faremo nemmeno oggi.

Perchè c’è l’impronta di questi tre ragazzi sulla riscossa che ha rischiato di ribaltare l’inerzia della partita a cavallo tra terzo quarto e inizio dell’ultimo periodo di gioco.

De Nicolao soffre inizialmente la pressione di Milano sulla palla, ma dopo pochi minuti diventa il partner in crime di Mitchell Watt con i suoi assist, alcuni ad alto coefficiente di difficoltà negli ultimi secondi del possesso. 8 assistenze sono dato significativo e impattante sulle 16 di squadra, ma nel secondo tempo si mette anche in proprio. Le sue zingarate al ferro alimentano la rincorsa e gli consentono di raggiungere la doppia a cifra a quota 11 con 4/4 da 2.

La faccia tosta di Davide Casarin è la stessa che aveva colpito nell’opener del Torneo di Cagliari. Non arretra di un passo di fronte a nessuno ed è elemento in grado di mettere della sabbia negli ingranaggi offensivi biancorossi del terzo periodo. Se le premesse sono queste, il classe 2003 ha tutto per regalare soddisfazioni in futuro, non solo a Venezia.

A Venezia è mancato il miglior Tonut per pensare di giocarsela fino in fondo. La difesa di Milano tiene molto bene sulle sue partenze in palleggio di potenza, oscurandogli la via del canestro e costringendolo a un 3/12 complessivo dal campo. Il figlio di Alberto, però, ha il merito di non perdersi d’animo ed è colui che dà la scossa iniziale nel terzo quarto con 5 punti in rapida successione.

Troppo poco in relazione al suo talento, ma è la dimostrazione di quanto Stefano sia ago della bilancia in grado di far cambiare il volto alla sua squadra. In questo senso, la sua presenza è fondamentale tanto quella di Austin Daye e Mitchell Watt.

La serata di Kaleb Tarzcewski e le richieste di Ettore Messina

Tra il 20′ e il 30′ Milano incassa un parziale di 14-23. L’intensità di Milano nella sua metà campo cala sensibilmente.

Senza voler essere eccessivamente severi nei confronti del numero 15 biancorosso, evidente la differente efficienza rispetto ai minuti in cui è Kyle Hines a calcare il parquet.

Ettore Messina vuole continuamente imporre il proprio gioco e insiste con la sua switching defense. Tarczewski è così chiamato a essere aggressivo sul perimetro in aiuto e recupero, finendo talvolta contro giocatori più rapidi di lui come Daye.

Il ragazzo si applica, ma si vede subito che così facendo le maglie si allarghino e si aprano più possibilità per Venezia. La curiosità sarà capire se questa soluzione verrà adottata con continuità o se il coach di Milano penserà a delle variazioni per mettere il lungo USA maggiormente a proprio agio.

Il peso degli uomini di esperienza di Milano nei momenti clou

Le scelte estive sul mercato da parte di Messina sono state chiare, alla ricerca di profili abituati a giocare ad alto livello. Questo per evitare le montagne russe che hanno contraddistinto la passata stagione. Stabilità, ma anche capacità di gestire al meglio i momenti più delicati delle partite e di un’annata nel suo complesso.

Malcolm Delaney ha segnato i canestri utili a chiudere definitivamente la contesa. Kyle Hines non ha mai smesso di curare tanti piccoli dettagli determinanti, grazie a un posizionamento corretto in quasi tutte le situazioni e a una mente eccelsa.

Gigi Datome ha fermato il parziale veneziano per il -6, grazie al suo classico fade away di pregevole fattura tecnica. Canestro dall’alto impatto emozionale sulla fase finale della partita. Partecipa anche Andrea Cinciarini, utile come collante in quei minuti della parte centrale del quarto periodo in cui Milano chiude nuovamente la porta in faccia a Venezia

Immagine in evidenza: Olimpia Milano

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One thought on “L’Olimpia scappa nel primo tempo e poi resiste alla rimonta di Venezia grazie alla difesa

  1. Era una partita da vincere, e l’abbiamo vinta, questa è la notizia più importante.

    Non era facile, a causa della posta in palio: soprattutto per Milano, favorita come al solito in Italia, più del solito.
    Abbiamo vinto grazie al basket champagne del primo tempo, che è una caratteristica di questa squadra, ed è confortante vedere che siamo in grado di ripeterlo (quasi) a volontà – cioè anche in circostanze difficili.

    Quando è finito lo champagne abbiamo sofferto.
    Si sapeva che sarebbe stata una partita sofferta, per la posta in palio e per la qualità di resilienza per la quale Venezia è famosa: non molla mai e ha l’organizzazione e la psicologia, e l’abitudine a giocare insieme per rientrare.
    Ed è quello che hanno fatto, vincendo il terzo e quarto quarto.
    Noi tifosi però volevamo appunto vedere se questa squadra sia in grado anche di soffrire, e mi pare che non ci possiamo lamentare.

    La mia impressione personale?
    Che sia stata molto di più l’Armani AX a mollare, di quanto non sia stato merito di Venezia.
    Abbiamo mollato in attacco e in difesa.
    Però bisogna intendersi sull’uso delle parole, nel senso: cosa significa “mollare” in una partita vinta comunque di 9 punti?
    Significa, secondo me, che in partite di questa importanza emotiva – e dopo 7 mesi senza partite la Supercoppa ha davvero grande importanza – non si può pensare di annientare l’avversario: si deve mettere in conto il suo ritorno, si deve dimenticare lo champagne, si deve essere capaci di soffrire.
    Abbiamo preso una grande sbandata nel terzo quarto, abbiamo saputo soffrire, e nel quarto quarto, quello decisivo, abbiamo sostanzialmente tenuto.
    Il risultato finale è mai stato seriamente in dubbio?
    Non credo.

    Ciò detto mi pare giusto analizzare e cercare di comprendere cosa ci abbia fatto soffrire e perché.
    Il braccino corto dichiarato da Messina?
    Non mi pare.
    I nostri tiri del secondo tempo erano molto più approssimativi, meno costruiti e più avventurosi del primo tempo e del nostro solito.
    Punter s’è messo a sparare con una sciatteria che non gli abbiamo ancora visto.
    Rodriguez ha perso palloni che ancora non ci credo – pressato sul passaggio della metà campo.
    Alcuni esperimenti – Delaney, Rodriguez, Moraschini in campo insieme, per esempio, ovvero tre “play” – non hanno funzionato, forse perché sia El Chacho che Morasca non sono stati incisivi stasera, forse perché è troppo una forzatura.
    Al Chacho manca l’atletismo, e a Moraschini la pericolosità nel tiro. In campo insieme mettono in luce i reciproci difetti, più che rafforzarsi a vicenda – almeno stasera.
    Micov fa sempre il suo, ma nel gioco degli esterni americani di quest’anno, Delaney e Punter, fatica a diventare il regista del secondo giro che è sempre stato, perché tutto mi sembra si muova più velocemente e gli spazi per l’uno contro uno da quella posizione ci sono molto meno.
    Torno a ripetere che Messina e staff devono fare qualcosa per il 4: non puoi avere Datome e mortificare quella posizione come facciamo da anni e facciamo ancora quest’anno.
    Poi ha provato a fare giocare Datome da 3, che sarebbe il suo ruolo “naturale” nel Fener, con Brooks in campo, ma l’esperimento è fallito prestissimo. Non ho capito bene perché. Cioè: se lo fai, fallo per un tempo sufficiente.
    Secondo me si tratta di recuperare il 4 come posizione, perché Datome arriva anche da solo, appena capisce come gira davvero il gioco.

    A te è piaciuto Hines, a me pare che abbia subito Watt e parecchio, soprattutto in apertura di partita.
    A me pare che Messina non “capisca” Watt, ed è la seconda partita che gli vedo sbagliare contro di lui.
    Spero che Tarczewski non stesse bene, perché da come andava non c’era motivo di sacrificare Hines, e concedere 19 punti a Watt, e 4 falli per Kyle.
    Per fortuna direi che anche De Raffaele ha cavalcato troppo il suo centro, e alla fine controllarlo è riuscito più facile.
    Il problema, ed è la seconda volta per Messina, è che non si può concedere un vantaggio di tonnellaggio a Watt, che è anche molto veloce e molto bravo – l’altra volta lasciando a casa Gudaitis ci provò con Biligha.
    Nel senso che magari mi sta anche bene che Watt ne faccia 20, ma se gli dai anche il vantaggio fisico, il resto della nostra difesa deve compensare troppo e lo stesso Hines ha sofferto – per non dire che quando Venezia ha capito il vantaggio che aveva, si sono aperti spazi per loro che De Nicolao sembrava Teodosic, con tutto il rispetto per l’efficacissimo play italiano…

    Nel primo tempo sono stati gli esterni, soprattutto, a fare la nostra difesa, chiudendo le linee di passaggio e tenendo moltissimi uno contro uno. Quando poi Venezia ha capito che Watt era un totem e bisognava prima cercarlo per poi girare la palla altrove, noi siamo andati in crisi e loro hanno segnato nel terzo quarto gli stessi punti di tutto il primo tempo.

    Basket champagne all’inizio e Delaney per tutta la partita.
    Questo ci ha fatto vincere.
    Un grandissimo giocatore, meno appariscente di quanto sia efficace, ma veramente molto spesso letale.
    Bello averlo con noi.

    Un pensiero a Tonut che con grande cattiveria agonistica, ha causato la pronta uscita di Moretti che era appena entrato a marcarlo 🙁

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