Niente difesa, niente Playoff. La solita Olimpia Milano al capolinea europeo

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L’illusione dura un tempo, come tante, troppe gare milanesi in stagione. Niente Playoff per la quinta stagione consecutiva, sebbene il roster di quest’anno fosse di assoluto livello, per nulla inferiore ad almeno 4 squadre che oggi sono davanti, anzi.

L’Efes ha approcciato la gara in maniera decisamente conciliante, fornendo una prova nei primi venti minuti che lo stesso Ataman ha definito “amichevole da Summer League”. I presupposti e le condizioni per un successo milanese c’erano tutti, finché la squadra di Pianigiani non ha fatto altro che allineare la prova del Sinan Erdem Dome a tutto il resto della stagione: inesistente in difesa, “soft” per consistenza e capacità di lettura di quanto avviene in campo, totalmente ininfluente nel contributo tecnico dalla panchina.

E’ un vero peccato, perché questa Milano ci stava eccome ed aveva le caratteristiche individuali (di squadra proprio no) per poter fare qualche scherzetto all’alta nobiltà di Turkish Airlines Euroleague. Vincere una serie decisamente mai, ma creare qualche problemino più che serio ci sarebbe stato eccome.

Per analizzare la partita di ieri sera sarebbe sufficiente un copia ed incolla di altre decine di esibizioni della truppa agli ordini del coach senese, magari anche scegliendole tra quelle dello scorso anno. La sintesi? Bene, non benissimo, male, malissimo.

La difesa non esiste: lo vedono tutti, o quasi…

103,9 è il Defensive Rating finale dell’Olimpia dopo 30 gare. Peggio fanno solo Gran Canaria e Buducnost. 2600 punti subiti:  solo la stessa GC può fare peggio, subendone più di 68 stasera a Monaco. Nelle ultime 5 gare, quelle in cui ci si è giocata la stagione ed in cui era presumibile stringere le maglie dietro, il dato di quel Defensive Rating diventa terrificante, oltre il limite dell’accettabilità: 112,2 – 73,1 – 100,0 – 109,2 – 128,4 – 126,3. Solo contro il disastrato Olympiacos, in una delle gare più brutte della stagione se si parla di pallacanestro, si sono avuti numeri buoni, peraltro quasi esclusivamente merito di una squadra avversaria che ha vinto la bellezza di 2 delle ultime 10 partite giocate. Dove si possa pensare di andare in queste condizioni è francamente difficile da ipotizzare. L’Olimpia non difende e non lo fa né individualmente, con poca voglia di non farsi battere, né di squadra, dove non esiste nessuna organizzazione. Dopo quasi due anni di gestione tecnica è tutto chiaro.

L’Efes vale le migliori. Lo dice la classifica, lo dice il gioco. 

20-10, quarto posto e fattore campo nei Playoff. La serie col Barcellona si presenta come quella più intrigante ed equilibrata, tra le due squadre maggiormente cresciute, in barba alle tante balle che udiamo qua e là sul fatto che cambiando tanti giocatori non si possa crescere da subito. Lo sguardo di Ergin Ataman è alle Final 4 ed è lì dai primi giorni della scorsa estate: detto, fatto. Ci credevano in pochi, ma forse era importante che lo credesse il grande coach turco insieme ai suoi uomini. che si sono dimostrati atleti di valore assoluto nel momento in cui hanno rinunciato a qualcosa di individuale per essere parte di una squadra che fosse più grande. La difesa ne è dimostrazione palese: nessun difensore clamoroso a livello individuale, a parte Dunston e Balbay, un sistema che ha portato i turchi ad essere quinti nel rendimento in quella parte del campo. E se accade questo è chiara la presenza di un Coach vero e di atleti che lo sono altrettanto.

Forte coi deboli, debole coi forti

La storia dell’Olimpia di Pianigiani è questa. 5 sole gare vinte contro le squadre da Playoff, di cui un solo successo fuori casa, peraltro contro il Panathinaikos allora senza allenatore, il solito ed ormai classico 0-6 contro le corazzate dei primi tre posti. Pensare che stando a contatto per poi perdere contro le più forti sia una dimostrazione di crescita è decisamente simpatica come affermazione: le famose belle sconfitte, quelle di cui abbiamo sentito parlare a lungo, non esistono. Esistono invece le brutte vittorie, che poi sono bellissime perché fanno classifica. Da sempre in questo giochino si vince con la difesa e soprattutto con il gioco a metà campo, quando le cose contano. La transizione difensiva è oggi, come ieri e come domani, la parte determinante della pallacanestro: Milano è mancata sempre in questo, con problemi di accoppiamento che, quando sfidi le migliori, ti costano punizioni severe. Perché i grandi giocano sui difetti altrui, evidenziandoli in modo esemplare.

I parziali, gli ultimi due quarti e quel 493…

Che si dice in spogliatoio durante l’intervallo? Due sole volte il parziale del terzo quarto è stato favorevole nelle ultime 6 gare ed una di questa è arrivata con l’Oly. L’ultimo quarto è stato vinto invece in una sola occasione, a Mosca a buoi ampiamente in fuga. 59-42 Efes, 52-48 Fenerbahce, 51-36 Pana, 42-33 Real: questi sono gli scores dei secondi tempi recenti. Vinti con Oly, 43-34 e Cska 52-50 (quando si era sotto di 19 a 6’54” dalla fine). Nel momento in cui le partite andrebbero indirizzate sui binari più favorevoli, questa Olimpia lascia campo e strategia agli avversari senza battere ciglio. Perché? Dal 12-18 a 3’07” del primo quarto si passa al 24-20 di fine periodo senza colpo ferire: perché? Dal 48-61 a 7’07″del terzo quarto si deve attendere il solito abituale 10-0 avversario per chiamare un timeout? Anche qui, perché? Servisse un esempio chiarificatore, si possono vedere gli score dell’Efes dopo i minuti di sospensione di Coach Ataman… Troppi se e troppi ma, troppe situazioni irrisolte da mesi, da quasi due anni. Se a queste domande non si risponde, ovvio che si vada a casa. Che non è un dramma e nemmeno una colpa, perché si voleva lottare per i Playoff e lo si è fatto fino all’ultima gara. Ma come lo si è fatto? Molto, molto insufficientemente. 493 !!! Sono i punti subiti da Cska, Real, Pana, Fenerbahce ed Efes nelle gare in cui ci si giocava tutto.

I soliti sospetti e la crescita che non c’è mai stata

Quando le cose cominciano da andare a rotoli, Mike James perde totalmente fiducia nei compagni ed inizia a forzare. Quando c’è una difficoltà in un accoppiamento, il compagno più vicino fa errori da minibasket (Nunnally in post basso su Moerman e gli altri che se la danno a gambe). Quando il pallone scotta un paio di protagonisti “passano” il tiro rifugiandosi in un extra pass senza senso che mette solo in difficoltà l’ultimo destinatario della patata bollente. Quando il pick è discreto, il roll avversario trova praterie nel disinteresse più totale del primo che deve ruotare. Quando Brooks inizia da fattore offensivo, poi regolarmente sparisce dalla gara, totalmente dimenticato in atto dai compagni. Quando entra Jerrells si spegne la luce della circolazione di palla.

Tutte cose viste e riviste, tutte cose su cui non vi è stata nessuna crescita. Perché il record migliore di quest’anno è solo figlio degli investimenti che hanno portato a James, Nedovic e Brooks, su tutti, al posto di Theodore, Goudelock e Pascolo.

Lo spogliatoio ed il futuro

Reazione piccata quella di Pianigiani in sala stampa: «Devo commentare stronzate sui problemi di spogliatoio?». Suvvia coach, le domande esistono, non possono essere sempre passeggiate di salute. E che tra il duo serbo e Nunnally qualche problemino (eufemismo?) esista lo hanno già scritto e detto in tanti. Peraltro noi siamo tra quelli che credono perfino nell’utilità delle sane scazzottate tra giocatori in allenamento: hanno sempre fatto crescere le squadre, ci sono centinaia di esempi. Ora l’importante, per questa squadra, è mantenere un filo di compattezza, quella che sarebbe sufficiente per vincere il titolo nel quinto (o sesto) campionato europeo. Dopodiché è necessario ragionare sul fatto che questo non è per nulla un roster da rivoluzionare, anzi. Il problema è ben altro, ovvero farlo giocare a pallacanestro. Ma per sposare un progetto tecnico bisogna essere in due: allenatore e giocatori. Entrambi di valore.

 

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alberto marzagalia

Due certezze nella vita. La pallacanestro e gli allenatori di pallacanestro. Quelli di Eurolega su tutti.
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One thought on “Niente difesa, niente Playoff. La solita Olimpia Milano al capolinea europeo

  1. Standing ovation!! Analisi perfetta. L’uomo del p&r centrale, che però non ne difende 1 che è 1 va cambiato. Buttare alle ortiche, in termini di gioco, un potenziale come quello di quest’anno, grida vendetta

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