La grande lezione di Real Madrid, Fenerbahçe ed Efes

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Ci eravamo cascati anche noi, fortunatamente, e colpevolmente, solo per qualche minuto.

Dopo aver appreso, la settimana scorsa, che il Real lasciava fuori Campazzo, Tavares, Deck e Reyes per la gara di Vitoria, abbiamo immaginato che la corsa Playoff potesse essere un poco condizionata negativamente dall’impegno relativo di squadre già in controllo del proprio destino. Mai idiozia più grande fu pensata! Ci auto-chiediamo scusa, oltre a farlo con tutti.

Sono bastati pochi giorni ed abbiamo avuto la certezza che la Turkish Airlines Euroleague è competizione dove si gioca sempre, fino in fondo, al 100%. Il Real stesso discusso, il Fenerbahce visto a Milano e l’Efes corsaro in casa dello stesso Baskonia sono esempi lampanti dello spessore delle squadre in campo e dell’assoluta forza morale di chi le guida. Senza dimenticare club come il Darussafaka, che onorano la competizione fino all’ultimo secondo, giocando una gara di orgoglio e qualità che non regala nulla agli avversari, eliminando il Bayern.

A livello di premessa è importantissimo sottolineare un principio sacrosanto. Se una squadra si è guadagnata il diritto di poter gestire le proprie forze ed i fisci di atleti comunque usurati da un stagione che è massacrante per tutti, è giustissimo che lo faccia, soprattutto ad un paio di settimane da quando si giocherà per assegnare i titoli che contano di più. E se qualcuno tra gli addetti ai lavori, come accaduto con parole decisamente stigmatizzatili, si permette di sottolineare questa o quell’assenza in altre squadre, sarebbe meglio che pensasse a vincere le proprie gare ed a giocare una pallacanestro migliore. In alternativa l’onestà intellettuale potrebbe suggerire di evidenziare anche quando le assenze sono tra le fila di chi gioca contro la tua squadra, avendone tu un potenziale vantaggio da gestire. Ma forse con questo chiediamo troppo…

Si era dubitato del Real, quindi, ed il Pana da 32-14 nel primo quarto aveva ampliato il dissenso basato sulla dietrologia di molti. Poi… arrivano i campioni, quelli che non mollano mai, quelli che diventano antipatici perché hanno una forza dentro che fa  a cazzotti col mondo e lo stende quasi sempre. Partita sovraesposta e resiliente, forza interiore clamorosa e W che arriva in un modo decisamente fortunato (eufemismo…) ma assolutamente meritato. Chapeau coach Laso, chapeau “blancos”! Dal primo all’ultimo.

Il Fenerbahce atterra a Malpensa e tra un bagaglio che non arriva e l’altro apprendiamo che Sloukas e Vesely sono a riposo, che Lauvergne, dato per rientrante, continuerà a non esserci, e che Guduric e Datome sono molto acciaccati ed in forse. Le risatine sotto i baffi si susseguono, Milano è dentro, addirittura alcuni, e non solo in Italia, sussurrano che i turchi vogliano scegliersi l’avversaria dei Playoff, tanto il primo posto lo blinderanno all’ultima col Maccabi. Un bel campionario di nefandezze, non c’è che dire.

Noi abbiamo l’onore di poterne parlare con Coach Obradovic e l’espressione quando si tocca l’argomento, nonché l’intensità dell’allenamento serale cui abbiamo potuto assistere, ci conferma ciò che già pensavamo: per le gite premio ci sono altri periodi dell’anno, il Fener resta la squadrone di sempre e la guida tecnica è la garanzia di assoluta eccellenza sia tecnica che morale. La “fame” non manca mai. Game, set and match Zeljko. “Fenerbahce wins” sentenzierebbero aldilà dell’oceano.

L’ultima certezza ci arriva da Vitoria dove l’Efes, comunque quarto, gioca un gara di grandissima qualità contro i padroni di casa che cercano la W necessaria per entrare matematicamente in postseason, peraltro con la prospettiva non allettante di andare in alternativa a Mosca, casa Itoudis, a cercare quella quota 16 tanto agognata. E la lezione che arriva dalla Fernando Buesa è doppiamente importante. Si vince perché si onora la competizione rispettando gli avversari, ma lo si fa coinvolgendo chi ha avuto meno spazio finora. Perché la panchina non va dimenticata ed è garanzia di rendimento se chi vi siede troppo a lungo viene comunque premiato: i dividendi arriveranno nei momenti del bisogno. Grande coach Ataman.

 

Parrebbe quasi normale avere cattivi pensieri, soprattutto vivendo in un paese come l’Italia, dove i campionati sono uno scempio gestionale, dove i titoli vengono revocati per violazioni vergognose, dove le retrocessioni non sono mai definite finché non si sa chi sopravviverà, dove i giocatori vengono spostati da una squadra all’altra solo per problemi finanziari e dove addirittura, da ultimo, si arriva a pensare che fare i Playoff sarebbe solo un aggravio di spese. Parrebbe, appunto, ma se guardiamo un poco più in là, all’unica cosa che interessa a noi, vediamo una competizione straordinaria, giocata ed allenata da interpreti straordinari, dove appunto il concetto di competere è quello predominante. Con tante cose da migliorare, come ovunque, ma la cui crescita ci pare continua da parecchi punti di vista.

E’ una lezione, di quelle belle. Se non la capiamo è perché non vogliamo farlo ed allora è meglio dedicarsi ai “biscotti”, purtroppo non quelli della nonna. Lo lasciamo volentieri agli altri.

 

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alberto marzagalia

Due certezze nella vita. La pallacanestro e gli allenatori di pallacanestro. Quelli di Eurolega su tutti.
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