Luigi Longhi: Eurocup esperienza meravigliosa. C’è grande orgoglio per quanto stiamo facendo all’Aquila e vogliamo continuare a crescere, imparando.

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Al via la stagione di Eurocup ed allora Eurodevotion ha voluto introdurla con il Presidente dell’Aquila Trento, Luigi Longhi.

Una conversazione attraverso le sensazioni all’inizio di questa stagione senza dimenticare da da dove si viene, quali sono i valori guida del progetto trentino ed alcuni passaggi sul condottiero della squadra ed il basket italiano in generale.

– Buongiorno Presidente, cominciamo con una valutazione su quanto fatto negli ultimi anni. Finali Playoff 2017 e 2018,  e la semifinale Eurocup 2016 sono traguardi obiettivamente straordinari, tutti sfumati per un soffio e con qualcosa in più di un pizzico di sfortuna. Penso ai soli due punti di differenza canestri con Strasburgo, all’infortunio di Sutton, al problema di Flaccadori ed alla favolosa stoppata di Goudelock. Prevale l’orgoglio per esservi arrivati od il rammarico per l’obiettivo mancato?

Sicuramente molto più orgoglio che rammarico, il rapporto è 10 a 1. Fa tutto parte dello sport, lo accettiamo, è  parte del gioco. Ci è mancato un pizzico di sale per avere la pietanza perfetta. Ma sappiamo anche cos’abbiamo fatto bene e quanto ci è mancato per arrivarci. Lavoriamo nella direzione di crederci ancora, senza alcun dubbio.

– Questa stagione parte sotto il segno di un cambiamento tecnico importante. Decisione derivante da alcuni addii fondamentali quali Shields e Sutton o precisa scelta societaria e tecnica?

Un po’ entrambe. Poi però vedi, va via Shields ma torna Marble che è il giocatore al posto del quale Shields arrivò, dopo il suo infortunio. Io non sono un tecnico, lascio queste scelte al mio staff di cui ho massima fiducia. Se mi dicono che potremmo cambiare, li appoggio al 100%. Sono arrivati due ragazzi serbi che promettono bene, per i quali la cosa più importante è capire cos’è Trento. Qui da noi è fondamentale il concetto di persona giusta al posto giusto. Bisogna essere convinti di venire qui: se qualcuno vuole uscire tutte le sere, magari non siamo la meta ideale, ma ci fa piacere che i giocatori tornino, come avvenuto con Dada, con Sutton, con Marble stesso.

– Una curiosità… Come mai una società ben organizzata ed avanzata come voi non ha attinto in precedenza al grande serbatoio di talento che sono i Balcani?

Bisogna capire dove si è pronti e dove non si è ancora organizzati per fare qualcosa. L’approdo di Alessandro Giuliani è stato importante in questo senso: oltre ad un lavoro sui giovani italiani, come Mezzanotte ad esempio, è grande conoscitore di quel basket ed allora, grazie a buoni rapporti con alcune società, abbiamo intrapreso questa strada, per cui prima avevamo dei limiti.

– Da realtà decisamente sana ed in crescita, come vi rapportate con un movimento che è in netta crisi, tra impianti desueti,  società che spariscono e piazze storiche che fanno fatica a risalire in A?

Vero che alcune piazze faticano, ma quest’anno è tornata ad esempio Trieste, con una bella arena ed un presidente imprenditore con tanta volgia di far bene: è un bel recupero per tutto il movimento. Si è inaugurata la nuova casa di Brescia, altra situazione positiva. Tra le grandi città mancano solo Roma e Napoli, poi è chiaro che tante cose sono cambiate e magari se ci fossero tutte queste piazze non ci sarebbe spazio per realtà come noi. Il mondo cambia, non possiamo dimenticarlo. E comunque io qualche segnale positivo, rispetto a quando siamo arrivati in A, lo colgo. Il nuovo torneo per giovani con le finali durante le F8 di Coppa Italia, il grande impatto di Eurosport col Player che rende visibile ogni gara, un progetto di un contenitore sul nostro basket visibile in chiaro: tutte situazioni positive, sebbene ci sia molto ancora da fare. Sui settori giovanili la strada è lunga e non può prescindere da un accordo strategico con la FIP, altrimenti i risultati non arrivano. 

– Sei d’accordo sull’allargamento a 18 squadre del massimo campionato?

Per me il numero ideale era 16, ma si è deciso a 18, quindi mi adeguo senza problemi. L’importante sarebbe che la A2 diventasse un vero vaso comunicante con la A, senza rendere drammatica un’eventuale retrocessione.

– Terza partecipazione all’Eurocup, dopo la semifinale 2016 e la TOP 16 dello scorso anno: con che spirito e con quali obiettivi la affrontate?

Un’emozione grandissima, siamo tutti galvanizzati. Io la definisco una grande avventura, che ti spreme, perché faticosissima, ma  è meravigliosa. Come posso dimenticare la nostra prima trasferta a Lubiana? Ho ancora gli occhi lucidi…

– Valencia, Asvel Villeurbanne, Zenit, Turk Telekom Ankara e Partizan. Tre sono squadre da Eurolega, i turchi hanno fatto un mercato regale (Stimac, Redding, Gabriel…) nonostante la situazione del paese, i serbi sono storia del gioco: passare questo turno sarebbe impresa straordinaria…

Questi nomi li leggevamo solo sui giornali pochi anni fa… Lo dico ora: passare il turno sarebbe impresa paragonabile alle finali scudetto ed alla semifinale di EC del 2016. E’ la parte affascinante dello sport, impari giocando coi più forti, perché confrontarsi coi più deboli non ti fa crescere. Vogliamo imparare, è la nostra mentalità.

– Mercoledì sera Maurizio Buscaglia tocca le 500 presenze sulla panca di Trento. Di lui tecnicamente sappiamo tutto, dei risultati ottenuti pure, ma c’è qualcosa che ci puoi dire riguardo la persona che sicuramente noi non conosciamo?

E’ trentino, vero. E’ perfettamente integrato nel contesto in cui lavora in modo spettacolare. Tecnicamente lascio il giudizio al campo ed ai tecnici, ma la persona è arrivata da noi quasi da ragazzino, siamo cresciuti insieme, è diventato uomo con noi e non ha mai tradito il proprio essere, mai si è montato o si è mostrato arrogante. Piccolo aneddoto… Stasera (lunedì) siamo a cena da un amico che organizza questo incontro ogni anno, fin dai tempi della serie C, prima dell’inizio della stagione: cena tra amici, in montagna, e ci siamo tutti insieme. 

– Ti faccio una domanda da avvocato del diavolo… Qualcuno sostiene che sarebbe ora di fare il salto in un grande club per lui, e che il fatto di non farlo ne paleserebbe qualche limite. Detto che ritengo questa teoria assai balzana, hai mai temuto di perderlo?

Ci sono logiche che mi sfuggono, a volte. Non so, magari ha rinunciato anche a dei bei soldi in passato, di certo ce lo teniamo stretto e partiamo dal presupposto che il modello Trento sia difficilmente ripetibile per come siamo ed il fatto già menzionato che qui  ritorna volentieri chi è andato via ne è dimostrazione.

– In tante realtà, dopo i gironi d’andata dei due ultimi campionati, si sarebbe deciso di cambiare l’allenatore: mi pare che la lungimiranza e la fiducia reciproca abbiano poi pagato ottimi dividendi: qui si vede la differenza tra Trento ed altri ambienti?

Cosa posso dirti… in realtà la risposta l’hai avuta già nella domanda. E’ stato proprio così.

– Nonostante parecchie disavventure ed episodi non proprio fortunatissimi, non si è mai sentita una sola lamentela da parte vostra. Testa bassa e lavorare, mi verrebbe da dire…

Lamentarsi è totalmente fuori dalla mia mentalità oltre che essere inutile. Ma per favore! Lavoriamo invece che lamentarci. Penso alla notizia del problema cardiaco di Flaccadori durante la finale di giugno: ci ha devastati umanamente, prima di tutto, perché pareva cosa grave. Silenzio e si va avanti. Se trovi l’alibi, sei fregato (ndr in realtà il termine è più colorito). “Sì però” qua non esiste e sono assolutamente intransigente su questo. Vale per tutti, a partire da me.

– Un’ultima cosa, riguardo Lele Molin, una vera eccellenza europea a livello tecnico. Perché un grande come lui sceglie Trento?

Ci vuole un altro aneddoto… Un giorno il presidente di una grande società mi disse “se hai una determinata quantità di soldi, tienine sempre un po’ per lo staff, perché giocatori ne puoi trovare tanti, ma staff validi non ce n’è moltissimi”. Quando Trainotti mi disse che c’era la possibilità di avere con noi Lele, pensavo scherzasse e gli dissi “Ma chi? L’assistente storico di Messina?” E’ stato un grande passo di rafforzamento per noi. Lele mette quotidianamente la sua straordinaria esperienza e capacità tecnica al servizio della squadra e tutti ne abbiamo un beneficio unico perché c’è da imparare tantissimo.

Che sia una grande stagione, Presidente, per Trento e per tutta la pallacanestro italiana, che ha un immenso bisogno di realtà come l’Aquila.

 

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alberto marzagalia

Due certezze nella vita. La pallacanestro e gli allenatori di pallacanestro. Quelli di Eurolega su tutti.
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